Di nuovo al lavoro il Consorzio Basso Valdarno con l’Università di Firenze. Obiettivo: ripristinare gli habitat minacciati nelle zone umide interne della Toscana settentrionale.

Un esercito maligno sta minacciando gli habitat e le specie autoctone: sono le specie aliene invasive, quelle trasportate dall’uomo in modo volontario o accidentale fuori della loro area d’origine. Che se non arginate in tempo tendono a prendersi tutto creando danni ambientali devastanti e irreversibili.

Un progetto importante per il controllo di queste specie killer – cofinanziato dal programma LIFE dell’Unione Europea – è quello portato avanti dal Consorzio di Bonifica 4 Basso Valdarno insieme al Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze.

Lo scopo è quello di controllare le specie aliene invasive per ripristinare gli habitat minacciati nelle aree umide interne della Toscana settentrionale, in particolare nei 3 Siti di Importanza Comunitaria Padule di Fucecchio, Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone e Lago di Sibolla.
Ambienti dal valore straordinario messi a rischio dal proliferare di questi invasori che hanno trovato condizioni ideali per diffondersi, contribuendo alla degradazione degli habitat palustri originari e alla scomparsa di moltissime specie.

Conclusa nel 2019 la prima fase del progetto, denominata Life SOS Tuscan Wetlands, le operazioni sono ripartite quest’anno con nuovi interventi per contrastare due specie particolarmente dannose: il gambero rosso della Louisiana e la nutria.

I risultati non sono mancati, come la cattura di oltre 123 mila gamberi rossi della Louisiana di taglia medio-grande sia nella Paduletta di Ramone che nel lago di Sibolla. Dopo il repulisti sono comparsi insetti mai osservati prima, sono arrivate testuggini palustri e anguille e sono aumentate le rane verdi.
Il gambero della Louisiana, spiegano dal Consorzio, è responsabile della diffusione della “peste del gambero”, letale per i gamberi nativi, e se mangiato può essere tossico per l’uomo quando proviene da ambienti inquinati.

Esiti soddisfacenti anche dalla cattura delle nutrie nella Paduletta di Ramone. Questi roditori terribilmente invasivi fanno più danni di Attila: devastano gli ambienti umidi, disturbano la riproduzione degli uccelli acquatici, danneggiano l’agricoltura, scavano tane e tunnel che mettono a rischio la tenuta degli argini dei canali.

L’opera di ripristino degli habitat ha riguardato anche le piante con lo sfalcio di 36 ettari invasi da Amorpha fruticosa (gaggìa), una pianta che occupa in maniera massiccia gli ambienti palustri, mentre per la tutela delle sfagnete relitte (un particolare tipo di muschio che vive nelle paludi) del bosco di Chiusi sono state costruite recinzioni anti-cinghiale.

Infine sono stati fatti tagli selettivi di pioppete e piantate specie tipiche, ripristinate praterie umide e creati piccoli stagni per gli anfibi. Non è mancato un occhio di riguardo anche per i pipistrelli con l’installazione di 30 bat-box all’interno delle pioppete riqualificate per favorire nel tempo l’insediamento di questi chirotteri tipici degli ambienti forestali.