L’intervista di MV.it alla senatrice fiorentina all’indomani della conclusione dei lavori dell’affare sui consorzi di bonifica in Commissione Agricoltura e alla vigilia dell’anniversario dell’alluvione di Firenze

La senatrice Caterina Biti con il Presidente di ANBI Toscana e del CB3 Marco Bottino

La senatrice Caterina Biti con il Presidente di ANBI Toscana e del CB3 Marco Bottino (foto d’archivio, antecedente emergenza COVID)

Senatrice Biti ci riassume brevemente la sua biografia politica?
Nella mia famiglia l’interesse e la passione per la Politica ci sono sempre state ed è stato quasi fisiologico per me appassionarmi alle primarie del 2009 a Firenze, nelle quali sostenni con forza Matteo Renzi. Per dar seguito a quell’impegno mi misi a disposizione candidandomi nella lista “Facce Nuove a Palazzo Vecchio”, nella quale arrivai prima e per la quale entrai in Consiglio Comunale. Aderii subito al gruppo del PD e nel gennaio del 2012 il Sindaco Renzi mi nominò assessore all’ambiente e proprio in questo ruolo conobbi direttamente il Consorzio di Bonifica diventando – per il comune di Firenze – vice presidente. Nel 2014 mi sono candidata nuovamente nelle liste del PD e col Sindaco Nardella al suo primo mandato ho ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio comunale, una esperienza che politicamente mi ha fatto crescere tantissimo. Nel gennaio del 2018 ho avuto la sorpresa – perché davvero non lo sapevo! – di essere candidata per il Senato della Repubblica e dal marzo 2018 ricopro il ruolo di Senatrice, con la massima disciplina e onore, all’interno del gruppo del Partito Democratico.

Per il Comune di Firenze lei è stata membro dell’Assemblea del nuovo Consorzio di Bonifica Medio Valdarno nato dopo la riforma della settore della Regione Toscana, conosceva già i consorzi, che esperienza è stata, cosa ha imparato?
L’esperienza diretta con il Consorzio di Bonifica da vice presidente mi ha permesso di toccare con mano e di capire a fondo l’importantissimo lavoro che i consorzi svolgono nella tutela dei nostri territori, dei nostri corsi d’acqua di ogni tipo. Il lavoro dei consorzi è forse sconosciuto a molti cittadini, ma se i nostri corsi d’acqua sono curati per garantire la massimo sicurezza ai cittadini è proprio grazie alla conoscenza del territorio, alla programmazione e al lavoro di tutti coloro che lavorano nel Consorzio: dai più alti dirigenti fino a chi operativamente in qualsiasi momento sistema tutto ciò che serve.

Poi la vicepresidenza della Commissione Agricoltura al Senato e i recenti lavori sull’affare riguardante i consorzi di bonifica di tutta Italia, cosa è emerso a livello nazionale? Si può davvero parlare di un ‘modello Toscano’ per il Paese nella lotta al dissesto idrogeologico? Segue ancora da vicino l’attività del ‘suo’ consorzio del Medio Valdarno?
Il lavoro sull’affare assegnato nella Commissione Agricoltura in Senato è stato lungo e molto approfondito; la realtà della quale abbiamo preso coscienza è che in Italia abbiamo situazioni consortili molto molto diverse a seconda delle regioni: un quadro non semplice per cercare di costruire un atto che tenesse tutto insieme. L’idea che mi sono fatta è che la Toscana potrebbe davvero essere presa a modello anche da altre realtà per ottenere risultati migliori di quelli che hanno, prendendo spunto dalle novità introdotte con la riforma toscana dei Consorzi in materia di funzioni, organizzazione consortile e capacità di investimento. Sebbene da qualche anno non sia più direttamente a contatto con il Consorzio – per via dei ruoli che ho ricoperto dal 2014 ad ora – non è mancato un occhio di attenzione ai lavori preziosi che ormai so essere a carico proprio di questo ente.

Per quanto riguarda l’agricoltura, dal Suo osservatorio ci può dire come sta l’agricoltura italiana e quella toscana in particolare?
Credo che il settore agroalimentare dovrebbe essere davvero una priorità nel nostro paese, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo dall’inizio della pandemia. L’agricoltura avrebbe bisogno di un piano nazionale aggiornato che guardi avanti, almeno ai prossimi 20 anni, per garantire uno sviluppo vero, nuovi posti di lavoro e prodotti di qualità sempre migliore. Da questo punto di vista credo si debba avere piena consapevolezza della sfida che viene dai cambiamenti climatici sempre più pressanti. In Senato ne stiamo discutendo nell’esame di un atto di cui sono relatrice, e appare sempre più evidente che alle nostre politiche agricole serva un salto di qualità in termini di innovazione, ricerca, gestione sostenibile delle risorse, azioni di consapevolezza sui rischi.

Agricoltura, difesa del suolo e tutela ambientale, fattori imprescindibili per i consorzi di bonifica e forse più in generale anche per un futuro sempre più green dell’intero pianeta?
Se si vuole sostenere quella “spinta green” di cui ormai si parla da anni bisogna assumere che tutto (agricoltura, allevamenti, interventi infrastrutturali) è collegato. Non esiste sostenibilità ambientale senza un approccio che tenga insieme elementi come la terra e l’acqua, per questo credo che l’Italia farebbe bene a puntare molto su investimenti il più possibile integrati, che tengano insieme infrastrutture per la difesa del suolo, utilizzo della risorsa idrica, agricoltura sostenibile, anche a cominciare dalle risorse europee di cui si parla nel dibattito pubblico. Questo sarebbe davvero un terreno di rilancio del Paese e costituirebbe un’occasione di crescita economica, sociale, ambientale.

54 anni fa l’alluvione di Firenze, uno degli eventi più tragici del nostro Paese e della sua e nostra città, quale memoria e quale messaggio per il futuro?
Il 4 novembre per noi fiorentini è uno di quei giorni in cui – anche chi non c’era nel ‘66 – guarda all’Arno con un sentimento confuso tra la reverenza che si deve a chi è più grande di noi e il timore per tutto quello che in pochi attimi sappiamo essere successo ormai 54 anni fa. Molto è stato fatto negli anni per aumentare la sicurezza dell’Arno soprattutto nel passaggio di Firenze e costruire un rapporto nuovo col nostro fiume, farlo conoscere e amare e non farlo vedere solo come qualcosa da attraversare ma qualcosa da vivere, è l’obiettivo che si sono dati da diversi anni i comuni da cui è attraversato e tanti enti – tra cui il Consorzio – per dare il giusto tributo anche a ciò che è accaduto quel 4 novembre del 1966.

[Fonte: MedioValdarno.it]